Bella questa vita- L’album dei rockettari Lost Souls

Crucoli Torretta disse folk e i Lost Souls risposero con il rock. Proprio mentre il 2017 si dissolveva, usciva Bella questa vita, firmato da una band composta dal trio torrettano Luigi Graziano, Arturo e Santoro Carlo e dal cariatese Salvatore Bombino. Un album di rottura con una tradizione musicale che negli ultimi anni, nel piccolo paese della sardella, è stata incapace di reinventarsi.

Dopo anni di riflessione ed emigrazione, esce prima il singolo Bella questa vita e poi gli altri undici brani. A dispetto del nome internazionale della band, tutto è scritto in italiano e parte da una realtà fatta di disillusioni e delusioni che solo la musica può capovolgere. Già dalla prima e dalla seconda canzone, Noi voleremo via e Senza volto, i riff delle chitarre dei due Santoro e di Bombino fanno sentire la loro forza rockettara, mentre la voce di Graziano graffia e si consuma. Anime perse, il terzo e più lungo pezzo con i suoi sei minuti e quarantuno secondi, è invece una ballata più melodica, improntata su un testo nichilista che non risparmia frecciate ai perbenisti. Metafora di una ribellione tanto desiderata e non ancora realizzata.

Il momento intimo dell’album continua con il synth di Santoro Carlo, che coincide con l’intro de La bestia e con la storiella d’amore raccontata in Cuore, due canzoni dove le chitarre fanno sempre sentire la loro presenza. Lungomare è forse il pezzo più autobiografico. Un flusso di visioni che ha come protagonisti il mare e i marinai, due figure dominanti nell’immaginario di Crucoli Torretta. Nel buio della vita segna però il ritorno alla ballata per cuori teneri e narra di ferite sentimentali. E anticipa l’entrata del pianoforte e hammond di Andrea D’Avino, presente in Kattiva e Capolinea, creazioni in cui le schitarrate giocano disarmonicamente con la drum machine di Carlo Santoro e Arturo, creando un effetto coinvolgente.

Novembre, ultima traccia del disco, sembra quasi la fusione di due canzoni. La prima, riempita di malinconia per un sentimento che mai sarà reale e la seconda, interamente orchestrale e curata da Santoro Carlo, è un lento dissolversi fino a quel silenzio che, forse al pari della musica, può guarire tutte le ferite. Il romanticismo di fondo, la rabbia/distruzione tipica del grange anni novanta e una struttura sonora che permette ai musicisti di esprimersi e dialogare fra loro, sono tre buoni motivi per ascoltare Bella questa vita dei Lost Souls. E per uscire dalla monotonia.   

Francesco Cerminara

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